Per chi è vicino alla pensione risulta ora possibile il part-time
"incentivato"! Grazie a questo intervento possibili riduzioni del costo
del lavoro! Siamo a Vs. disposizione...
STAFFETTA GENERAZIONALE
Per chi è vicino alla pensione possibile il part time «incentivato»
La legge 208/15 mette a disposizione di lavoratori e datori di lavoro
lo strumento normativo per sperimentare la cosiddetta staffetta
generazionale.
È da tempo che se ne parla, e in alcuni recenti
contratti aziendali se ne fa già espressa menzione, almeno come
obiettivo da perseguire. In sostanza si tratta di questo: i lavoratori
più anziani riducono il loro orario di lavoro, così da favorire (almeno
nelle intenzioni) l’ingresso in azienda di giovani a cui gli anziani
possono fare, per il periodo che rimane loro da lavorare, da “tutor”. Il
tutto naturalmente su base volontaria, tanto per il lavoratore quanto
per il datore di lavoro.
Sinora però questo meccanismo incontrava un
ostacolo difficilmente superabile: la riduzione dell’orario provocava
al lavoratore anziano non solo una riduzione di reddito, ma anche (e
soprattutto) un pregiudizio alla futura pensione. La legge di stabilità
si propone, entro certi limiti, di ovviare a questi inconvenienti e
quindi di rendere possibile la staffetta. Il presupposto è un accordo
tra datore di lavoro e lavoratore (a tempo pieno e indeterminato, che
maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre
2018) per ridurre l’orario di lavoro in misura tra il 40% e il 60 per
cento.
Duplice beneficio
Il beneficio che si può ottenere sulla
base di tale accordo è duplice: l’Inps riconosce la contribuzione
figurativa sulla parte di prestazione non svolta (con applicazione dei
criteri di calcolo della pensione previsti per i contratti di
solidarietà espansivi dal decreto 148/15 sugli ammortizzatori sociali), e
il lavoratore riceve dal datore di lavoro, oltre ovviamente alla
retribuzione per le ore lavorate, una somma pari ai contributi che il
datore avrebbe dovuto versare sulla parte non (più) lavorata e pagata.
Quest’ultima somma aggiuntiva non è imponibile fiscalmente ed è esente
da contributi: in altre parole è netta. In questo modo la riduzione di
orario non “pesa” sulla futura pensione, e la riduzione di reddito è
mitigata dall’importo netto aggiuntivo. Il datore di lavoro “risparmia”
una parte di retribuzione, che può investire in nuove assunzioni (anche
se non c’è un obbligo in tal senso).
Tocca al datore di lavoro
presentare una domanda all’Inps e alla Dtl per l’ammissione al beneficio
sulla base dell’accordo raggiunto con il lavoratore. La domanda,
verificata la ricorrenza dei presupposti, può essere però accolta
esclusivamente nei limiti delle risorse messe a disposizione dalla legge
di stabilità: 60 milioni nel 2016, 120 milioni nel 2017 e 60 milioni
nel 2018. Una volta raggiunti tali limiti, l’Inps non prenderà in
considerazione ulteriori domande. Un decreto ministeriale, da emanarsi
entro 60 giorni, stabilirà le modalità operative del riconoscimento del
beneficio. Vedremo nei prossimi mesi se l’operazione avrà successo nel
favorire il passaggio di testimone tra le generazioni in azienda.